L’impatto dell’intelligenza artificiale sulla creazione musicale e i diritti d’autore correlati solleva una serie di questioni legali ed etiche complesse. Il regolamento sull’Intelligenza Artificiale (AI Act) – che si avvia verso il voto finale in plenaria, previsto per aprile 2024 – ha cercato di dare una risposta a queste problematiche, introducendo norme rigide sulla trasparenza e la governance dei dati, nonché sulle modalità di utilizzo dell’IA nell’industria musicale.
L’obbligo di risultato nell’IA e il diritto d’autore, l’importanza dell’opt-out nel regolamento AI Act e la questione della giurisdizione sono solo alcuni dei punti cruciali che necessitano di un’analisi approfondita.
Il regolamento sull’Intelligenza Artificiale e l’industria musicale
Come scritto in più occasioni, l’Unione europea ha pertanto l’opportunità unica di assumere un ruolo guida a livello globale nella creazione di un quadro trasparente ed efficace per l’intelligenza artificiale (IA).
Questo strumento normativo non è solo utile a definire le regole per le piattaforme come OpenAI o altre, ma stabilisce anche un quadro giuridico al quale gli utilizzatori di tecnologie di AI generativa potranno conformarsi sfruttando al meglio questa immensa opportunità di sviluppo, ad esempio, del settore creativo.
In particolare, l’industria musicale, che sta già sperimentando i potenziali utilizzi di sistemi di AI generativa ha seguito con grande attenzione le varie fasi del negoziato europeo sul regolamento e si è concentrata su alcuni aspetti molti rilevanti per l’industria del copyright che sono poi stati in gran parte recepiti nella versione finale dell’atto regolatorio.
Trasparenza e governance dei dati nell’AI Act
Uno degli aspetti essenziali, emersi nel corso del processo normativo dell’AI Act ha riguardato la trasparenza.
Per l’industria creativa i soggetti attivi nella catena dell’intelligenza artificiale generativa (ossia gli sviluppatori e gli operatori dei sistemi e dei modelli di intelligenza artificiale, compresi i modelli di base) avrebbero dovuto essere obbligati a rispettare i principi fondamentali di governance dei dati. In particolare, la conservazione e la messa a disposizione pubblica di informazioni sufficientemente dettagliate sull’uso dei dati di addestramento e di altri materiali o contenuti protetti dal diritto d’autore.
Questa parte è stata ora chiaramente definita nel testo laddove si affronta il tema della trasparenza nella formazione sull’IA: i fornitori di modelli di IA General-Purpose sono tenuti a rendere pubblicamente disponibili sintesi sufficientemente dettagliate dei contenuti utilizzati nella formazione sull’IA (art. 52c) per “facilitare le parti con interessi legittimi, compresi i titolari dei diritti d’autore, a esercitare e far valere i propri diritti ai sensi del diritto dell’Unione”.
Obbligo di risultato nell’IA e diritto d’autore
Questo “obbligo di risultato” è incluso nella nuova formulazione del considerando 60k sulla sintesi dei contenuti utilizzati per addestrare i modelli di intelligenza artificiale.
Nel contesto del diritto d’autore, questo è un passaggio fondamentale per far funzionare nella pratica le eccezioni previste dagli articoli 3 e 4 della Direttiva Copyright, dove applicabili. Senza una registrazione dei dati, i titolari dei diritti non hanno alcun modo di garantire che l’accesso al loro contenuto utilizzato per l’addestramento dei modelli IA sia avvenuto legalmente, che siano stati rispettati eventuali opt-out e che siano state ottenute le licenze e le autorizzazioni necessarie.
Il testo finale sul punto sembra essere più chiaro dove affronta il tema dell’opt-out TDM/autorizzazione dei titolari dei diritti: il considerando 60i fornisce un utile chiarimento sull’opt-out affermando che “[…] Laddove il diritto di opt-out sia stato espressamente riservato in modo appropriato, i fornitori di modelli GPAI devono ottenere un’autorizzazione dai titolari dei diritti se vogliono effettuare text e data mining sulle loro opere”.
La giurisdizione nell’AI Act e l’industria musicale
Altro passaggio importante è il considerando sulla “giurisdizione“: il considerando 60j chiarisce che “qualsiasi fornitore che immette un modello di IA per scopi generali sul mercato dell’UE dovrebbe rispettare l’obbligo di trasparenza, indipendentemente dalla giurisdizione in cui gli atti rilevanti per il diritto d’autore sono alla base della formazione di tali modelli di IA per scopi generali. I modelli di intelligenza artificiale hanno luogo”. Ciò è in linea con il ragionamento già proposto dell’industria dei contenuti secondo cui “nessun fornitore dovrebbe essere in grado di ottenere un vantaggio competitivo nel mercato dell’UE applicando standard di copyright inferiori a quelli previsti nell’Unione”.
Nell’articolato vi sono due ulteriori elementi utili che riguardano la tutela del copyright.
- Modelli open source (art. 52c. -2): il testo prevede una deroga al Regolamento per i modelli di IA open source ma chiarisce che gli obblighi di copyright e trasparenza si applicano ancora a tali modelli.
- Fase di ricerca (articolo 2, paragrafo 5 ter): il testo chiarisce che durante la fase di ricerca, sperimentazione e sviluppo è necessario rispettare il diritto applicabile dell’Unione, che comprende le norme dell’UE sul diritto d’autore, insieme all’eccezione TDM e al rispetto degli opt-out, ove applicabile.
Intelligenza artificiale, diritti d’autore e futuro dell’industria musicale
La rilevanza delle previsioni introdotte dalla regolamentazione europea conferma che fingere che il progresso tecnologico richieda l’abbandono di diritti d’autore consolidati e dei relativi principi giuridici non è accettabile. L’intelligenza artificiale può raggiungere il suo pieno potenziale e allo stesso tempo rispettare i diritti dei creatori allo stesso tempo. Argomenti che nessuna impresa nel campo dell’IA può essere in grado di richiedere la licenza opere protette da copyright prima di copiarle e sfruttarle, perché nessun titolare dei diritti vuole concederle è una finzione. Molte aziende attive nell’AI generativa stanno ottenendo licenze per contenuti protetti da copyright in relazione ai loro prodotti, e le aziende tecnologiche concedono abitualmente in licenza opere protette da copyright su larga scala in simili contesti.
In alcune audizioni istituzionali le piattaforme di AI generativa hanno affermato che la necessità di copiare milioni di opere rende impossibile la conformità perché sarebbe troppo oneroso. Non è evidentemente così e vi sono le prove. Nello streaming musicale, servizi on-demand tra cui Spotify e Apple Music hanno negoziato e concesso in licenza decine di milioni di registrazioni sonore. Servizi audiovisivi come YouTube e servizi di fitness come Peloton, hanno ottenuto in licenza milioni di registrazioni e canzoni. Anche i servizi di testi di canzoni hanno ottenuto in licenza i testi di milioni di canzoni.
La questione economica è un altro falso problema. Le società che si muovono sul mercato dell’AI generativa non sono startup che lottano per sopravvivere con un modello di business innovativo ma aziende che hanno dietro enormi società come Google, Amazon o Microsoft e capitalizzano miliardi di dollari e possono benissimo confrontarsi con gli obblighi imposti da normative e non invocare una presunta immunità a giustificazione di uno sviluppo tecnologico che verrebbe frenato da restrizioni e dal rispetto di legislazioni come quelle sul diritto d’autore.