Come social media e streaming stanno cambiando il rapporto con i fan

28 maggio 2015

La musica digitale è ormai sinonimo di social media. Non vi è piattaforma che non sia dominata da artisti musicali. Già nel 2012 secondo Next Big Sound le interazioni generate da cinque artisti come Bruno Mars, Justin Bieber, Katy Perry, One Direction e PSY ammontavano, in una sola settimana, a 110 milioni di visualizzazioni su YouTube, 59 milioni su Vevo, 2 milioni di ricerche su Wikipedia, 1,5 milioni di like su FB e 900 mila follower su twitter. Su FB 9 su dieci dei personaggi più seguiti sono artisti musicali e sette su dieci lo sono su Twitter. Instagram e Snapchat sono anch'essi prevalentemente dominati dalla musica. Cosa significa tutto questo per le case discografiche dove ormai il digitale è new normal? Evidentemente non tutto ritorna in monetizzazione diretta ma l'enorme mole di interazioni sta diventando un asset strategico nell'ambito dei big data. Ci sono oggi 41 milioni di abbonati a servizi streaming che condividono playlist e il 74 % degli utilizzatori di un servizio di video streaming di musica hanno tra i 16 e i 24 anni. Il 50 % dei clienti dello streaming usa uno smartphone e su Shazam ci sono 100 milioni di user registrati che identificano in media un miliardo di tracce in sei settimane. È evidente che la consumer understanting sta diventando sempre più rilevante e sempre più profonda. Per non parlare delle potenzialità connesse alla ricerca e sviluppo di artisti derivata dalla profilazione dei fan. La musica è per definizione esperienza e socialità. Genera interazioni costanti, produce sentimenti ed emozioni che possono aiutare gli esperti di marketing nelle case discografiche a modellare la propria azione promozionale. Diverse aziende, come ad esempio Universal Music, hanno sviluppato a livello internazionale tool sofisticati per l'attività di analisi. Questi tool includono l'uso di una dashboard e social CRM (Customer Relationship Management) che consentono di analizzare l'audience non solo sul piano demografico. Per esempio studiando il rapporto che i fan hanno con l'artista sulla base di età e collocazione geografica, ma soprattutto studiando le affinità della fan base con prodotti di largo consumo, elemento determinante per costruire delle brand partnership e promuovere l'artista come testimonial in un'operazione di marketing di prodotto. Questo significa analizzare costantemente le interazioni sui social. Solo nel 2013 più di un miliardo di tweet hanno riguardato la musica, con 100 milioni di tweet inviati da account "musicali". Nel 2014 più di 40 milioni di tweet sono stati inviati in relazione a musica che i fan stavano ascoltando in un tale istante. Una fonte inesauribile di informazioni da trattare ed elaborare. Shazam è un'altra fonte di dati, in quanto app per smartphone, che contiene 25 milioni di tracce e connette più di 450 milioni di persone a livello globale. 90 milioni di utenti al mese taggano 17 milioni di canzoni, show TV e pubblicità generando oltre 500 mila vendite di brani al giorno, oltre il 7% delle vendite globali di Itunes. Le società specializzate nei big data nel settore musicale lavorano ormai intensamente sulle affinità di generi e stili, sulle affinità tra gli artisti, sulla varietà di stili e generi suddivisi per segmentazione social, l'impatto globale di un determinato artista e come i fan sì muovono nei rispettivi territori e i trend nell'area strategica dei talenti emergenti. Ormai le strutture più efficienti operano con algoritmi complessi che consentono di sviluppare un livello tale di quello che viene definito predictive profiling da fornire alle strutture marketing delle aziende una mole di informazioni non solo per comprendere i gusti musicali ma per capire anche la personalità online e il carattere che connota il fan musicale e come questi soggetti interagiscono anche con altri prodotti di consumo. È evidente che l'innovazione ha cambiato radicalmente il settore e molta della sperimentazione in corso nella area dei big data oggi avviene con successo in aziende come le case discografiche che paradossalmente non hanno mai avuto nel proprio core business l'analisi statistica.