Digital Music Report 2015 | Come streaming e abbonamenti stanno cambiando il mercato della musica

14 maggio 2015

 

Nei giorni scorsi è stata presentata la versione italiana del Digital Music Report 2015di IFPI, un documento di grande interesse per il settore. La parte più rilevante è ovviamente dedicata all'affermazione del segmento dello streaming in abbonamento, ormai format globale, benché molto recente. Si tratta di un fenomeno spinto dalle fasce più giovani del pubblico, da chi non ha esperienza del possesso della musica e quindi è poco o nulla interessato ai modelli tradizionali.

L'industria della musica rimane un business dai diversi formati e canali, ma sempre focalizzato sui gusti del consumatore. Una ricerca condotta nel 2015 da Ipsos in tredici Paesi mostra una domanda differenziata tra formati multipli: secondo i dati, un terzo dei consumatori (37%) ha comprato CD o vinili negli ultimi sei mesi, mentre il 26% ha pagato per dei download. La ricerca mostra anche una marcata oscillazione della popolarità dello streaming e dei download a seconda dei diversi paesi.

Gli abbonamenti sono la fonte di ricavi in maggiore crescita dell'industria discografica: si parla del 39% nel 2014 - una cifra che comprende sia piani a pagamento, sia quelli freemium di servizi come Deezer e Spotify. Nei 5 anni fino al 2014 le revenue degli abbonamenti sono cresciute di otto volte, fino a valere 1,6 miliardi di dollari, ovvero il 23% complessivo dei ricavi provenienti dal digitale. Il numero degli abbonati a pagamento è cresciuto del 46.4% a livello mondiale nel 2014: ora si stimano siano 41 milioni, cinque volte la cifra di appena otto milioni registrata nel 2010. In undici paesi, gli abbonamenti a pagamento rappresentano la maggioranza dei ricavi dal digitale: Corea del Sud, Croazia, Danimarca, Finlandia, Hong Kong, Islanda, Olanda, Norvegia, Svezia Turchia e Taiwan.

I responsabili dei servizi di streaming spiegano che questa accelerazione è dovuta ad un insieme di fattori. "Germania e Francia sono tra le nostre nazioni in crescita più rapida", spiega Thorsten Schliesche, Senior Vice President e General Manager per l'Europa di Napster. "Migliori infrastrutture tecnologiche, più alta penetrazione degli smartphone, prezzi dei device più bassi, più spazio di archiviazione per chi vuole ascoltare la musica off-line e migliore integrazione con le automobili: è l'unione di tutti questi fattori a far sì che lo streaming sia a nostra disposizione in ogni momento della giornata - a casa, mentre guidiamo o in palestra. Questo scenario è diventato ancora più reale nel 2014: è per questo che siamo arrivati a queste vette".

Martin Mills, fondatore e presidente del Beggars Group, è convinto che lo streaming sia la chiave al futuro del music business, tanto per le major quanto per le etichette indipendenti:

"Lo spostamento verso lo streaming è un dato di fatto: le nostre fonti di ricavo dalla vendita ormai si dividono in tre parti uguali tra download, supporti fisici e streaming. I guadagni dallo streaming sono molto significativi e arrivano da un ampio raggio del nostro repertorio, compresi titoli che nel passato recente non generavano nessuna entrata: mi sembra uno sviluppo in positivo".

Dopo diversi anni di espansione rapida il mercato dello streaming è entrato in una nuova fase di crescita, con un'intensa competizione a livello internazionale tra i diversi servizi. Il mercato, a sua volta, si è assestato su una serie ormai ristretta di grandi player che si stanno espandendo in nuovi territori o stanno consolidando la loro posizione dove sono già presenti. I nuovi attori più attesi nel 2015 sono quelli che fanno parte dai maggiori marchi globali a livello digitale. Nel novembre 2014 YouTube ha lanciato in modalità beta il suo servizio a pagamento, Music Key, disponibile in Finlandia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. Il servizio offre la possibilità di vedere i video senza pubblicità e ascoltare l'audio in background sul telefono, anche a schermo spento o durante l'uso di altre applicazioni. Il servizio costa 10 dollari al mese e include anche l'abbonamento a Play Music All Access di Google.

Apple è entrata nel mercato dello streaming con l'acquisizione di Beats, valutata 3 miliardi di dollari: il lancio del proprio servizio è atteso per la metà del 2015 e dovrebbe integrare Beats Music nel proprio sistema operativo mobile iOS, raggiungendo così milioni di utenti iPhone. Il punto di forza di questo servizio è l'eccezionale portata della customer base di Apple, che conta più di 800 milioni di account e relative carte di credito: una base di lancio senza pari per aiutare la transizione degli ascoltatori verso il modello ad abbonamento.

Altri marchi importanti a livello internazionale continuano ad espandersi in nuovi mercati chiave: Amazon ha lanciato Prime Music negli Stati Uniti, Deezer è sbarcata negli Stati Uniti, TIDAL ha lanciato il proprio servizio in diverse nazioni, Spotify è approdata in Canada, MTV Trax di Music Qubed è disponibile nel Regno Unito, mentre Guvera e Rdio sono entrati nel mercato indiano.

Sono due i fattori chiave che hanno spinto la crescita dello streaming e degli abbonamenti: la diffusione degli smartphone e le partnership che permettono di incorporare i servizi musicali in offerte più ampie. Nel 2014, secondo una ricerca di eMarketer.com, la penetrazione globale degli smartphone è cresciuta del 25,1%, arrivando ad 1,76 miliardi di utenti, ovvero il 24,5% della popolazione mondiale. Secondo i ricercatori, entro il 2018 questi numeri saliranno fino ai 2.73 miliardi/36,5% della popolazione globale: un dato che indica l'abbondanza di possibilità di crescita ulteriore.

Uno degli eventi più significativi del 2014 è stato il lancio da parte di Spotify di un piano gratuito su mobile, grazie a cui gli utenti possono riprodurre musica in modalità shuffle o creando playlist; Deezer, dal canto suo, ha lanciato Flow, una smart radio personalizzata e su mobile, senza limiti e ripagata dalla pubblicità. Altre music app come Pandora e Shazam sono ampiamente disponibili e operative sui differenti sistemi operativi, offrendo un'esperienza di utilizzo integrata.

Un secondo fattore è la sempre più diffusa strategia di marketing di integrare i servizi streaming all'interno di offerte più ampie (e delle relative tariffe) che le società di telecomunicazioni propongono ai propri utenti. I bundling deal sono una strategia chiave per portare lo streaming al mercato di massa, che risponde anche alla preferenza dei consumatori di integrare il pagamento per la musica in abbonamenti complessivi che comprendono telefono, TV e altri servizi, anche via cavo. Nel 2014, Napster è diventata partner di Terra e Vivo in Brasile, Wind Telecomunicazioni in Italia e di Vodafone in Spagna, mentre Deezer ha stretto accordi con TIM in Brasile, Vodacom in Sud Africa, Smart Telecom nelle Filippine, Tigo in Ghana e Tanzania. Queste partnership ora sono diffuse in tutto il mondo, da quella Deezer-Tigo in Colombia e Deezer-DTAC in Tailandia, passando per Napster-Terra/Vivo in Brasile arrivando a Spotify-Personal in Argentina. Gli accordi vengono stipulati anche in mercati emergenti che hanno finora prodotto scarsa monetizzazione per l'industria, come come la partnership tra Telenor e WiMP in Pakistan.

In Italia i buoni risultati di TIMmusic dimostrano che la strategia bundle è sicuramente attraente per i consumatori visto che il servizio, a 5 anni dal suo lancio, vanta più di 2 milioni di abbonati Premium, la stragrande maggioranza su app da smartphone.

In conclusione l'obiettivo dell'industria musicale è quello di estendere al massimo lo streaming e gli abbonamenti nel mercato di massa e incrementare la percentuale di utenti a pagamento: Nel settore dello streaming il potenziale di crescita per il segmento a pagamento è ancora tutto da sfruttare: la ricerca dell'Ipsos già citata in precedenza mostra che il 35% dei cento dei consumatori nei 13 mercati esaminati ha usato lo streaming gratuito nei sei mesi precedenti, mentre solo il 16% ha usato quello a pagamento. Le percentuali di consumo gratuito e a pagamento oscillano in maniera decisa a seconda delle nazioni, ma ci sono segnali evidenti nei diversi mercati che i consumatori sono in larga parte disposti a pagare per un abbonamento musicale premium.