Dipendere meno da poche superstar e investire di più in nuovi talenti

4 ottobre 2022

Nelle scorse settimane due interviste con i vertici di BMG e Warner Music hanno offerto alcuni spunti di riflessione sul cambiamento delle strategie delle major, o almeno di alcune di esse, nell’era dello streaming.

Se da un lato, con il digitale cresce sempre di più l’importanza dei cataloghi, dall’altro le aziende stanno concentrando meno risorse su poche star ma di più su un’ampia fascia di artisti, spesso nuovi talenti che nel loro insieme generano ritorni rilevanti sui ricavi finanziari delle imprese.

Il CEO di BMG, la multinazionale tedesca, nel commentare i dati positivi dell’azienda nel primo semestre del 2022 è stato molto esplicito sul punto: “La cosa straordinaria del risultato del nostro primo semestre è che abbiamo aumentato i ricavi del 25% praticamente senza avere successi. Questo perché abbiamo un modello di business che può avere successi e avrà successi con il giusto repertorio, ma è progettato per essere abbastanza robusto da non aver bisogno di hit per sopravvivere”. Masuch ha poi aggiunto: “La fascia alta delle classifiche, la parte su cui si concentra la maggior parte delle aziende, sta perdendo importanza ogni anno. La Top 100 dello streaming rappresenta solo il 5% circa delle entrate”.

Il CEO di BMG ha anche confermato la rilevanza del catalogo per la multinazionale tedesca: “Continuiamo ad avere fiducia nelle prospettive di crescita del settore musicale, ma soprattutto, riteniamo che la nostra capacità di monetizzare i cataloghi che acquistiamo sia tra le migliori del settore. Non siamo investitori passivi. Siamo un’azienda musicale".

Come ha anche osservato Music Business Worldwide, questo quadro mutevole influisce sull'A&R (area di ricerca & sviluppo) e sulla strategia di marketing delle principali aziende musicali, vale a dire quanta allocazione del budget viene concentrata su artisti "superstar" affermati rispetto a spalmare quel budget tra un pool più ampio di artisti. E infatti, pochi giorni dopo Steve Cooper, parlando a Communacopia, la conferenza di Goldmann Sachs, ha confermato che anche Warner Music Group si sta orientando verso l'ultima di queste due opzioni, investendo una "quantità enorme di risorse A&R" su un numero di artisti maggiore rispetto a una volta, comprese superstar e non superstar. Questo costituisce una strategia di "portfolio" che in media si traduce in rendimenti [percentuali] medio-alti. Con questa gestione ciò che abbiamo fatto negli ultimi anni è stato ridurre la nostra dipendenza [finanziaria] dalle superstar. La riduzione di tale dipendenza ci ha permesso di continuare a rafforzare il nostro approccio ad A&R, che è lo sviluppo artistico a lungo termine".

Il CEO di Warner ha poi aggiunto: "Cerchiamo di individuare artisti agli inizi, in modo da poter costruire la loro carriera con loro, attraverso un insieme di economie che riteniamo ragionevole e razionale, in contrasto con le economie che osserviamo spesso in altri accordi che francamente non capiamo”.

Ciò non toglie che gli investimenti sui nuovi talenti siano comunque molto rilevanti nell’era digitale. In Italia, in particolare, esiste un tax credit dedicato con un 30% dei costi sostenuti fino ad un massimo di 75 mila euro su un totale di 250 mila euro per album. Attualmente il tetto è di 800 mila euro per azienda nel triennio ma nel 2022, grazie all’ultimo DL Aiuti, la soglia è stata elevata a 1,2 milioni di euro per impresa.

Dal 2015 ne hanno beneficiato quasi 300 produzioni discografiche, delle quali il 23,5% è stato prodotto dalle major e il 76,5% dalle etichette indipendenti per un totale di 4,3 milioni di euro di credito di imposta impiegato. La misura, presente solo in Francia e in Italia, è stata di ulteriore stimolo alla produzione di repertorio italiano e di nuovi talenti che nel nostro Paese dominano le classifiche musicali.