Musica, cosa è successo fra Meta e Siae (e quali saranno le conseguenze: godrà TikTok?)

17 marzo 2023

La bomba scoppiata ieri nell'universo digitale italiano con la rimozione e il silenziamento dei contenuti musicali da parte del colosso americano dei social media su Facebook ed Instagram potrebbe avere effetti devastanti sull’intera filiera musicale.

Vediamo di capire come si è arrivati a questo scenario unico nel panorama europeo e che dimostra l’enorme potere delle piattaforme nel decidere vita e morte dei contenuti messi a disposizione online.

Un primo elemento da tenere in considerazione è la nuova Direttiva sul Copyright approvata nel 2019 dal Parlamento EU e recepita in Italia alla fine del 2021. La direttiva con il famoso art.17 è intervenuta sulla definizione e sugli obblighi delle grandi piattaforme. Nella legge italiana, che applica alla lettera il disposto comunitario, si legge all’art. 102 sexies che si intende per prestatore di servizi di condivisione di contenuti online un prestatore di servizi della società dell’informazione che presenta cumulativamente i seguenti requisiti:
a) ha come scopo principale, o tra i principali scopi, di memorizzare e dare accesso al pubblico a grandi quantità di opere o di altri materiali protetti dal diritto d’autore;
b) le opere o gli altri materiali protetti sono caricati dai suoi utenti;
c) le opere o gli altri materiali protetti sono organizzati e promossi allo scopo di trarne profitto direttamente o indirettamente.

Al comma 3 si specifica poi quello che è la vera caratteristica innovativa del portato comunitario che ha sostanzialmente modificato la posizione delle piattaforme: i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online, quando concedono l’accesso al pubblico a opere protette dal diritto d’autore o ad altri materiali protetti caricati dai loro utenti, compiono un atto di comunicazione al pubblico o un atto di messa a disposizione del pubblico per i quali devono ottenere un’autorizzazione dai titolari dei diritti, anche mediante la conclusione di un accordo di licenza, ottenuta direttamente o tramite gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendente di cui al decreto legislativo del 15 marzo 2017, n. 35. Pertanto è stato introdotto, a differenza di quanto avveniva in precedenza, un obbligo di ottenere una licenza preventiva e, nel caso del diritto d’autore, di negoziare questa licenza con le società di gestione come la Siae.

Teniamo conto che per quanto riguarda i diritti per i contenuti musicali discografici le piattaforme negoziano invece con le case discografiche, anche per quanto attiene agli artisti che con queste ultime hanno un contratto discografico. Nel caso di Meta, le case discografiche avevano già un accordo in essere a livello globale, così come molti aggregatori di musica indipendente. Vale la pena anche ricordare come l’autorizzazione ottenuta ai sensi della legge sul diritto d’autore include anche gli atti compiuti dagli utenti che caricano sulla piattaforma del prestatore di servizi opere protette dal diritto d’autore quando non agiscono per scopi commerciali o la loro attività non genera ricavi significativi, ovvero il cosiddetto User Generated Content (UGC).

Veniamo poi alle responsabilità introdotte con la Direttiva nell’ordinamento italiano. All’art 102 septies si specifica che i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online, in mancanza dell’autorizzazione di cui all’articolo 102-sexies, sono responsabili per gli atti non autorizzati di comunicazione al pubblico e di messa a disposizione del pubblico di opere e di altri materiali protetti dal diritto d’autore, salvo che dimostrino di avere compiuto i massimi sforzi per ottenere un’autorizzazione secondo elevati standard di diligenza professionale di settore. Da quello che emerge dalle posizioni di Meta e Siae le due entità avrebbero negoziato questa autorizzazione e relativa licenza senza però individuare una soluzione, non solo economica. Secondo quanto emerge dal comunicato di Siae la società americana avrebbe opposto il “rifiuto di condividere le informazioni rilevanti ai fini di un accordo equo in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva Copyright”, ovvero le informazioni e i metadati necessari a definire il perimetro di rappresentatività e la possibilità poi di valutare il peso del repertorio Siae e di conseguenza consentire la ripartizione.

Questo aspetto dei dati è molto chiaro all’art. 110-quater della legge italiana. I soggetti ai quali sono stati concessi in licenza o trasferiti i diritti e i loro aventi causa hanno l’obbligo di fornire agli autori e artisti interpreti e esecutori, anche tramite gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti di cui al decreto legislativo 15 marzo 2017 n. 35, con cadenza almeno semestrale, informazioni aggiornate, pertinenti e complete sullo sfruttamento delle opere e prestazioni artistiche, e la remunerazione dovuta.

Ora vediamo gli effetti pratici del mancato accordo: Meta ha annunciato e dato il via alla rimozione dei contenuti musicali tutelati da Siae ma questo coinvolge ovviamente tutti i soggetti che stanno dietro al brano musicale e che hanno in realtà, come si è visto sopra, una licenza in essere con Meta. L’approccio del social media è pertanto molto aggressivo e colpisce un intero settore che dal consumo di musica sulle piattaforme come Facebook e Instagram ha ricavato oltre venti milioni di euro nel 2022 secondo i dati FIMI. Non è assolutamente accettabile che un soggetto in posizione dominante come Meta possa agire in questo modo in assenza di una licenza con uno solo dei soggetti dal quale deve ottenere i diritti. Meta ha capitalizzato in maniera estensiva l’uso della musica che è diventato centrale nei canali social e fan, creator e brand hanno fatto affidamento su questa ampia disponibilità di contenuti messi a disposizione dall’industria musicale. Intere pianificazioni di campagne social, attività di marketing e promozionali sono state cancellate in una notte.

Meta con questa iniziativa ha voluto colpire l’intera filiera musicale italiana come ritorsione al mancato accordo con Siae creando un’enorme frustrazione nella comunità artistica e industriale e questo non è in nessun modo accettabile.

I danni potrebbero essere ingenti e peraltro l’iniziativa potrebbe essere controproducente per la stessa piattaforma con un esodo di massa degli utenti verso altri canali come TikTok, data l’importanza che la musica ricopre nei social media. Le registrazioni vanno immediatamente rimesse online e va ripreso il negoziato con Siae in buona fede.