Musica e capitale umano. Cosa resterà dopo la pandemia?

19 ottobre 2020

Nei giorni scorsi ha avuto un grande impatto mediatico la manifestazione dei lavoratori dello spettacolo in piazza Duomo a Milano.

Una rappresentanza di un settore che secondo i dati Inps raccoglie oltre 327 mila occupati (dei quali 160 mila solo in Lombardia), due terzi dei quali lavoratori dipendenti e che in media svolgono cento giornate di lavoro all’anno con una media retributiva di 10 mila euro annui.

Il settore dello spettacolo è parte di quel grande mondo della cultura che nel nostro Paese produce 59 miliardi di euro, pari al 4% del PIL italiano: con la pandemia l’intero segmento dell’entertainment è stato di fatto messo in ginocchio. Dopo il lockdown totale e la falsa ripartenza estiva a causa delle forti limitazioni di pubblico, la maggior parte dei lavoratori nel settore live è in grave difficoltà o ha perso il lavoro mentre molte imprese dello spettacolo e location per eventi hanno già chiuso i battenti.

È difficile pensare che in tempi brevi il settore possa recuperare le proprie economie e quello che preoccupa di più è la potenziale dispersione di un capitale umano unico nel suo genere, data la complessità del mondo dello spettacolo dal vivo e in particolare degli eventi musicali: questi soggetti scontano più di tutti la crisi. Di fatto fermi da fine febbraio, col reddito di ultima istanza per i lavoratori colpiti dall’epidemia come unica indennità per i mesi di marzo, aprile e maggio (ottenuto tra l’altro con difficoltà, dopo una complessa equiparazione alle partite Iva), i mille euro una tantum del Decreto agosto per l’estate e la prospettiva di un’altra stagione invernale da disoccupati.

Molte figure professionali che operano nel settore della musica hanno accumulato un’enorme esperienza, frutto di un lavoro sul campo svolto in anni di tour ed eventi. Tecnici molto esperti che oggi, in assenza di un ingaggio professionale, potrebbero uscire dal settore con ripercussioni che si vedranno solo alla ripresa dell’attività.

Per questo motivo è fondamentale che siano previsti con urgenza nuovi interventi delle istituzioni mirati al settore, valutando con attenzione le misure più idonee quali ammortizzatori per i lavoratori e nuove forme di sostengo e incentivo per la filiera.

Molte realtà associative del settore hanno evidenziato le necessità immediate che possono essere riassunte in:

– Riformulazione, per le imprese della filiera dello spettacolo e degli eventi, profit e non profit dell’art.25 del Decreto Rilancio commi 4 e 5 per contributo a fondo perduto, con estensione della base di calcolo parametrata a tutto il 2019.

– Attuazione di misure di defiscalizzazione e di decontribuzione a tutte le imprese del settore spettacolo ed eventi, profit e non profit, fino al ripristino delle condizioni pre-Covid.

– Estensione immediata dell’aliquota 10% per tutti gli elementi della filiera dello spettacolo ed eventi e dell’aliquota al 4% per prodotti video-fonografici, prodotti culturali destinati al pubblico come già previsto per il mondo dell’editoria e corsi di formazione alla musica e alle arti. Inoltre Iva pari a zero per i soggetti per cui non è prevista la detrazione.

– Nuovi bandi Extra FUS per tutta la filiera dello spettacolo e degli eventi.

– Estensione di tutti gli ammortizzatori sociali, della Naspi per i lavoratori autonomi a gestione ex Enpals e per gli intermittenti anche in costanza di rapporto lavorativo e proroga degli assegni agli intermittenti e autonomi, sino alla fine dello stato di emergenza.

– Riconoscimento di contributi previdenziali per ogni mese di fermo lavorativo parametrati a una media dei quattro anni precedenti e di contributi reali per le prestazioni non svolte ma già contrattualizzate o annunciate o già andate in prova e poi cancellate.

– Innalzamento del tetto limite di spesa e aumento della soglia per il credito d’imposta (Tax Credit e Art Bonus) di almeno il 30% rispetto all’attuale.

– Azzeramento, fino al ripristino delle normali attività dei canoni di affitto in spazi comunali, delle tariffe di conduzione spazi (utenze, rifiuti, altro) e dei costi per le pratiche autorizzative: bolli, diritti di segreteria, tasse governative.

La situazione è molto grave sul fronte lavoro ed è evidente che il settore della musica dal vivo è oggi di fronte alla più grande emergenza globale che mette a rischio la sopravvivenza di un intero comparto con effetti di lungo termine che si rifletteranno sull’intera filiera produttiva.

Alcuni interventi privati che si sono affiancati a quelli pubblici hanno cercato di tamponare l’emergenza, come il fondo “Sosteniamo la musica” creato da Music Innovation Hub con Spotify e FIMI, ma è evidente che si tratta di un’azione di prima emergenza non in grado di sostenere tantissimi lavoratori in difficoltà sui quali pesa anche l’incertezza di un futuro senza alcuna pianificazione che potrebbe estendersi per mesi.

Anche il piano Next Generation EU deve a questo punto ritagliare provvedimenti che gli Stati membri possano inserire nelle leggi di bilancio prima che sia troppo tardi.