I numeri del primo semestre del 2021 del mercato musicale italiano confermano il trend del 2020, con un’ulteriore spinta sul digitale durante la fase pandemica: il mercato totale della musica registrata è infatti cresciuto del 34%, con una nuova impennata negli abbonamenti ai servizi streaming, saliti del 41%. Anche i ricavi dal video streaming hanno visto un forte incremento con un 49% di crescita. E nel segmento fisico si registra un nuovo boom del vinile, con un +189% nei primi sei mesi dell’anno.
La crescita dei servizi premium era già stata una costante del 2020, dove si è assistito a un forte incremento negli abbonati alle piattaforme, connesso alla particolare situazione sanitaria con continui lockdown e fermi della musica dal vivo. Così molti consumatori, non solo giovanissimi, hanno cambiato abitudine, passando alla musica in streaming e scoprendo l’enorme offerta disponibile online.
L’industria musicale si è fortemente digitalizzata negli anni scorsi e questo ha contribuito a contenere la complessa situazione generatasi con il COVID-19 consentendo alle aziende di proseguire nell’attività senza di fatto alcuna interruzione. Infatti durante il 2020 - e anche nei primi mesi del 2021 - le case discografiche non si sono fermate, proseguendo nella pubblicazione di novità e continuando l’attività di ricerca e sviluppo di nuovi artisti.
Nei primi anni 2000 l’industria discografica si trovò in fase molto complicata legata alla pirateria digitale e alla difficile transizione verso le nuove tecnologie, che portarono il mercato a perdere quasi il 40% del fatturato anche nel nostro Paese. Nonostante questo periodo di crisi le aziende hanno continuato a investire su nuovi talenti, con effetti che si sono resi visibili dopo anni con un totale ricambio generazionale. I rischi finanziari assunti dalle aziende nel nuovo ecosistema che si andava a costruire, garantendo anticipi agli artisti pur in una fase di incertezza economica, hanno aiutato il settore a rimanere a galla e tornare alla prosperità nell’era dello streaming.
Molte delle barriere all’ingresso presenti nel mercato discografico di dieci anni fa sono scomparse, offrendo grandi opportunità e potenzialità di sviluppo a tanti artisti. La concentrazione presente nel 2011, con oltre l’11% del mercato generato dalle vendite della top ten, o il 31% della top 100 a costituire la maggior parte delle vendite si è sostanzialmente ridotta. Nel 2020 la top ten rappresentava il 7% del totale e la top 100 poco di più del 27% secondo i dati GfK. Questo ha significato che il digitale, e in particolare lo streaming, ha introdotto una forte democratizzazione nei ricavi, con più artisti in grado di ricavare denari dalla propria attività creativa rispetto al passato.
I dati mostrano infatti un importante risultato sul fronte del numero di artisti che hanno raggiunto il successo: nel 2020 sono stati 246 gli artisti italiani che hanno superato i dieci milioni di stream contro i 97 che nel 2010 avevano superato l’equivalente soglia delle diecimila copie vendute tra fisico e download. Inoltre, le fonti di ricavo si sono estese oltre le vendite e lo stream dalle piattaforme in abbonamento: nel 2020 i ricavi da utilizzazioni di contenuti musicali su piattaforme social come Facebook e Instagram sono cresciuti più del 31% e in generale, la quota dell’audio streaming sostenuto dalla pubblicità genera in Italia più ricavi di tutto il segmento fisico. Solo tre anni fa queste monetizzazioni dai social media di fatto non esistevano e oggi contribuiscono a generare nuove fonti di reddito per gli artisti e le label. E anche a livello distributivo sono sorte nuove opportunità per gli artisti: piattaforme come Distrokid, Tunecore, Songtradr e altre sono entrate nel business online mettendo a disposizione servizi per artisti indipendenti, spesso trattenendo una minima parte di fee per le proprie competenze. Per gli artisti si è così aperto un enorme ventaglio di occasioni per farsi conoscere e incassare denaro grazie al digitale, cosa impensabile solo pochi anni fa.
L’ultima novità in questo campo è la recente adozione della direttiva copyright in Italia, una norma che avrà sicuramente un ulteriore impatto sul settore, obbligando le piattaforme di condivisione di contenuti online che comunicano al pubblico a negoziare una licenza preventiva con i titolari dei diritti e questo si tradurrà inevitabilmente in ricavi addizionali per i titolari dei diritti. Oggi una piattaforma come YouTube free, a fronte di un numero di utenti di qualche milione, in Italia genera meno della metà delle risorse economiche ricavate dalle piattaforme audio, a parità di modello - ovvero quello sostenuto dalla pubblicità.