Nuova direttiva sul copyright, più opportunità per la transizione digitale

4 maggio 2021

Nell’anno della pandemia anche l’Italia ha visto un forte salto nei consumi digitali online, in particolare nel video e nella musica, dove si sono consolidati modelli innovativi che hanno accelerato la transizione verso piattaforme in abbonamento o di social media basate su ricavi pubblicitari.

Questo ulteriore sviluppo del mercato vede proprio in questi giorni affiancarsi un nuovo determinante passaggio epocale nella definizione delle regole per la tutela dei contenuti e una maggiore accessibilità agli stessi da parte dei consumatori. Nei giorni scorsi il Parlamento, con il voto definitivo del Senato, ha infatti recepito la Direttiva Copyright adottata in Europa nel 2019, dando ora tempo fino a giugno al governo per implementare le regole comunitarie nel contesto della legge nazionale sul diritto d’autore. Si tratta di una fase importante, perché oltre a introdurre un nuovo diritto connesso per gli editori di giornali e periodici, la direttiva stabilisce altre regole rilevanti soprattutto con riferimento alla responsabilità delle piattaforme online per la messa a disposizione di contenuti e la relativa remunerazione.

Si deve tuttavia rilevare che dopo un lungo iter europeo, molto combattuto e che si è concluso con un testo equilibrato, ci si trova ancora oggi di fronte a tentativi di ammorbidire, nelle norme di implementazione, le regole definite a Bruxelles. La pressione messa in atto contro il testo italiano di recepimento da parte delle lobby degli OTT punta ad annacquare le misure e di fatto a svuotare gli effetti della Direttiva e su questo punto il governo italiano dovrà mantenere la barra dritta e proseguire senza indugio sulle deleghe di recepimento stabilite dal parlamento.

Un tema molto caldo riguarda l’allocuzione dei “massimi sforzi” che la direttiva prevede all’art.17. Alcuni servizi della società dell’informazione, infatti, nel quadro del loro normale utilizzo, sono concepiti in modo da dare al pubblico l’accesso a contenuti o altri materiali protetti dal diritto d’autore caricati dai loro utenti. Tali servizi, ha stabilito la normativa europea, dovrebbero ottenere una licenza preventiva dai titolari dei diritti: qualora non sia stata concessa alcuna autorizzazione ai prestatori di servizi, questi ultimi dovrebbero compiere i massimi sforzi, nel rispetto di elevati standard di diligenza professionale di settore, per evitare che nei loro servizi siano disponibili opere e altri materiali non autorizzati, come indicato dai titolari dei diritti interessati. Su questo tema dei massimi sforzi si sta cercando di costruire una narrazione che vorrebbe introdurre una traduzione più morbida in “migliori” rendendo così inefficaci gli sforzi fatti per obbligare le piattaforme ad agire secondo alti livelli di diligenza contro l’illegalità: si tratta evidentemente di un’azione di disturbo e strumentale finalizzata a salvaguardare i ricavi e il ruolo centrale di piattaforme come YouTube, che oggi generano ritorni economici ai titolari dei diritti a livello significativamente inferiori alle piattaforme audio sostenute dalla pubblicità.

Nel 2020, in Italia, il 61% degli utilizzatori di musica in streaming ha consumato brani attraverso piattaforme di video streaming contro il 16% di audio streaming free e contro un 23% di servizi in abbonamento ma - se si guarda ai ricavi generati dal video streaming - sono arrivati solo il 14% dei ricavi contro un 23% dall’audio streaming sostenuto dalla pubblicità e il 63% dagli abbonamenti. La situazione dovrebbe essere riequilibrata proprio con l’adozione delle nuove regole, consentendo ai creatori di ottenere non solo una maggiore capacità negoziale, oggi completamente sbilanciata a favore di Google, ma anche di disporre di misure più efficaci per bloccare i contenuti illeciti in tempi brevi.

L’Italia ha ora davanti a sé l’opportunità di recepire in maniera aderente al dettato comunitario il testo e a renderlo efficace in tempi brevi respingendo al mittente tentativi di manipolare o stravolgere le indicazioni emerse dal voto al Parlamento EU diventando così un modello per la crescita e lo sviluppo del mercato dei contenuti digitali.