La decisione del Governo di modificare il Bonus Cultura, un modello di successo per la fruizione di contenuti dedicato ai neo-diciottenni che ha ispirato altri Stati nell’EU, per sostituirlo con un nuovo, poco efficace nonché limitato nelle risorse, non è una bella partenza nei confronti del mondo della Cultura.
In questi anni la 18app si è rivelata uno dei pochi strumenti di promozione della cultura a 360 gradi nei confronti delle nuove generazioni. Nel deserto di politiche dedicate specificatamente alla Generazione Z, il Bonus Cultura ha unanimemente prodotto risultati: basterebbe andare a intervistare qualche studente degli anni 1999-2003 per avere il polso dell’efficacia di questa misura che ha spinto tanti ragazzi ad acquistare libri, concerti, musica, cinema, ecc.
Negli anni il Bonus Cultura ha realizzato quei principi spesso annunciati in politica ma poco realizzati nella concretezza, riassumibili nella frase: bisogna fare di più per la cultura. Ecco, il bonus ha fatto di più per la cultura: ha di fatto offerto a ragazzi di tutte le estrazioni sociali e di tutto il Paese l’opportunità di “assaggiare” la cultura e comprenderne le dinamiche che sono fatte anche di tanto investimento e lavoro. E ha portato i ragazzi, senza discriminazione alcuna, a poter scegliere autonomamente cosa leggere, cosa vedere a un concerto o al cinema o cosa ascoltare come musica, garantendo quell’accesso alla cultura che spesso ci si è trovati a invocare senza però mettere in pratica delle vere opportunità.
La modifica del modello vincente con una nuova «carta cultura» che introduce limiti di reddito - come se il ricco fosse già capace di garantire l’accesso alla cultura ai propri figli e il povero dovesse essere accompagnato a teatro o in libreria perché qualcuno in politica pensa che povero sia sinonimo di ignorante - è un primo grave errore: porterà solo burocrazia aggiuntiva che limiterà l’accesso; per non parlare delle risorse che vengono tagliate. La carta in realtà dovrebbe addirittura essere potenziata, magari con l’allargamento agli studenti delle superiori e non solo ai diciottenni, e invece ci si avvita su un nuovo strumento di minore efficacia che penalizzerà tutto il sistema della cultura e lascerà tanti ragazzi senza l’opportunità di conoscere quanto oggi l’industria della cultura progetta, crea e realizza per il nostro Paese.
Restano poche ore per salvare l’impianto della 18app e vale la pena di appellarsi alle forze politiche perché riflettano su questo cambiamento che in nessun modo migliorerà l’accesso alla cultura ma semplicemente si tradurrà in un primo e significativo flop delle nuove proposte dell’esecutivo.