IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) controbatte quanto affermato dalla recente pubblicazione 'Digital Music Consumption on the Internet: Evidence from Clickstream Data', pubblicata dal Joint Research Centre della Commissione Ue , che analizza il rapporto tra consumo digitale di musica illegale e legale, per stimare le conseguenze della pirateria sull'industria discografica europea e afferma che "il downloading illegale ha pochi o nessun effetto sulle vendite legali". "Anche se c'è violazione del diritto d'autore - dicono gli autori del rapporto JRC - ci sono poche possibilità che le entrate della musica digitale possano soffrirne (…) da questo punto di vista, le nostre conclusioni suggeriscono che la pirateria non deve essere considerato come un grande problema per i titolari dei diritti del mondo de materializzato". IFPI sottolinea i numerosi e significanti errori emersi dallo studio, in particolare evidenziando la mancanza di una metodologia accurata nella misurazione dei dati, con particolare riferimento alla capacità della pirateria di condizionare negativamente i profitti generati dai servizi digitali offerti dall'industria musicale. Spotify, il servizio di audio streaming che raccoglie più di 5 millioni di utenti in tutto il mondo, conferma la debolezza dei risultati affermati attraverso il rapporto JRC. Will Page, Director of economics, Spotify, ha affermato in merito: "Digital Music Consumption on the Internet: Evidence from Clickstream Data' presenta numerosi difetti. La stretta definizione del mercato, individuate dagli autori è sconcertante e profondamente fuorviante. In particolare, l'omissione di riferimenti ai serivizi di streaming online dimostra l'incapacità di apprezzare e misurare l'assemblaggio completo del mercato digitale. Ne risulta che gli autori non conoscano in maniera appropriata la competizione scorretta che la pirateria determina nei confronti dei servizi di streaming legali. Inoltre, il report non analizza correttamente il modo in cui i consumatori possano migrare da servizi illegali a servizi legali come ad esempio Spotify. Le conclusioni evidenziate dallo studio JRC, risultano, in realtà, "errate e fuorvianti" secondo IFPI, per numerosi elementi. E' possibile visualizzare il documento IFPI originario cliccando qui.