Per creare un disco di successo sono necessari alti investimenti. Che cosa contribuisce al costo finale? Che danni provoca la pirateria allo sviluppo di nuovi artisti?

Quando si prende in considerazione il tema del prezzo del disco è necessario che ad esso vengano associate alcune considerazioni, perché purtroppo, a differenza di altri settori industriali, nel mercato discografico le variabili che intervengono sono molte e, in alcuni casi, incidono sostanzialmente. Spesso ci si dimentica inoltre che al prezzo finale di un disco contribuiscono un' IVA del 20 % e il margine del commerciante (che può arrivare anche al 40 % del prezzo finale) Intanto i costi si dividono in due grandi categorie. Costi diretti e costi indiretti. Costi diretti sono:

  1. -A&R (ricerca e sviluppo)
  2. -Registrazione
  3. -Fabbricazione
  4. -Royalty all'artista
  5. -Diritti fonomeccanici (SIAE per intenderci)
  6. -Diritti di licenza (quando si pubblica un album o un brano su licenza di un'altra casa discografica)
  7. Sono costi indiretti invece
  8. -Distribuzione
  9. -Marketing e Promozione (ovvero pubblicità, PR, ecc)
  10. -Amministrazione
Va detto subito che, come ancora di recente è stato confermato da una ricerca del Dipartimento per la Cultura e lo Sport del Regno Unito (DCMS Report 1998), l'industria discografica è un business ad alto rischio di impresa, che richiede sostanziali investimenti in nuovi artisti e repertorio. Le industrie discografiche investono in media il 12-13% del proprio fatturato in ricerca, una delle percentuali più elevate in ricerca e sviluppo se confrontata con altri settori industriali". Inoltre con "le hits che sfondano in classifica, l'industria finanzia i mancati guadagni della maggior parte dei dischi che non vendono abbastanza per coprire gli investimenti iniziali". Di recente, il Los Angeles Times ha avuto accesso ai bilanci di diverse imprese discografiche dai quali si evidenzia che solo un disco su dieci arriva al successo. In particolare, solo nel mercato USA, il più importante del mondo, dei 6.188 album pubblicati nel 2001 solo 50 hanno venduto più di un milione di copie. Sessantacinque hanno venduto 500.000 copie e 356 hanno venduto100.000 o poco più. In altre parole, più del 90% delle pubblicazioni dello scorso anno si è rivelata un flop. Ciò conferma l'alta volatilità dei gusti del pubblico, gli alti costi di promozione e la difficoltà, anche per gli artisti affermati, di pubblicare tre album di successo. Sempre "pescando" da una ricerca europea relativa ai costi sostenuti per la produzione di un disco, ecco alcuni dati indicativi degli investimenti (in lire):
  • Royalty all'artista (compresi anche di anticipo che spesso è a fondo perduto) variano tra i 70 milioni e i 3 miliardi a seconda dell'importanza dell'artista
  • Costi di registrazione: variano da 200 milioni al miliardo (compresi le royalty al produttore dell'artista che variano da 50 milioni a 150 milioni)
  • Videoclip collegato al singolo: in media vanno dai 150 milioni a mezzo miliardo.
  • Creatività, realizzazione della copertina del disco e fotografie: vanno da oltre 50 milioni a 80 milioni.
  • Marketing e pubblicità: qui i costi possono variare anche in maniera pesante, in media vanno dai 100 milioni agli 800 milioni (ma possono facilmente superare il miliardo se la campagna pubblicitaria passa in TV)
Parte di questi costi, a seconda dei contratti, vengono suddivisi con gli artisti ma è ovvio che essi incidono non poco. L'aspetto legato alla proprietà intellettuale sembra essere molto complesso da spiegare ma, in realtà, è fondamentale in un'industria che si basa soltanto sulla salvaguardia della propria creatività. Ricordiamo che degli investimenti segnalati sopra per la pirateria, l'incidenza è solo quella del costo di produzione e distribuzione (tra i più bassi ovviamente visto che non paga neanche le tasse). Inoltre, sono slittati solo tra i titoli che sono per definizione di successo. Le organizzazioni malavitose attendono infatti che un disco raggiunga il successo per dare il via all'azione di contraffazione ciò, ovviamente, significa che l'industria del falso è per definizione un'azienda di successi. Un ultima annotazione utile. La differenza tra di prezzi tra USA e Europa. L'accusa più comune che viene rivolta al settore discografico riguarda la disparità di prezzi tra gli USA e l'Europa (visto che tra Italia e Europa il prezzo oramai è più o meno allineato, visto che i budget di tutte la multinazionali e della maggiori aziende indipendenti sono fissati spesso in Euro, e dunque è solo il fattore cambio o piccole variabili distributive che incidono), vediamo perché il prezzo di un disco è diverso rispetto agli USA. 1) Le tasse sul commercio e l'IVA sono più alte in Europa (in USA variano da Stato a Stato e sono tra il 3% e l'8%), in Italia ad esempio l'IVA è incide per il 20% sono più alte in Europa (il 9%) rispetto agli USA (dove la concorrenza tra società autori ed editori e molto sviluppata) 3) I costi di marketing e promozione sono più impegnativi in Europa dove spesso i costi di un progetto devono tenere conto che il prodotto dovrà essere adattato a 18 mercati diversi con oltre 12 lingue diverse. Oltreoceano si ragiona spesso solo in un'ottica di USA e Canada (al massimo due lingue). 4) Last but not least, le economie di scala in un mercato come quello Americano non sono nemmeno paragonabili rispetto a quelle dell'Europa (non parliamo poi dell'Italia). Solo per la musica, il mercato USA e quattro volte quello del Regno Unito e, in generale, gli investimenti in A&R di una casa discografica possono essere suddivisi su volumi molto più alti di prodotti venduti. E questo non è solo per i dischi, ma per le Timberland, per gli occhiali Ray-ban, per i pc e le calcolatrici, o per qualsiasi prodotto che venga fagocitato da un mercato di milioni di consumatori. 5) Costi di distribuzione e catene di retail in USA, non possono nemmeno essere paragonati all'Europa. Si pensi che in proporzione, costa molto meno spedire un disco da New York al Nuovo Messico rispetto ad un cd da Milano a Catanzaro (in Italia le tariffe dei trasportatori sono in media il 25% in più del resto dell'Europa perché vi sono tariffe definite per legge). Se confrontiamo il cd con altre forme di intrattenimento, si può rilevare che, c'è chi spende molto di più per andare allo stadio (però non usa contraffare i biglietti per risparmiare) o per la discoteca o per mandare SMS con il telefono cellulare (però senza clonare le schede). E' una scelta di priorità che nel caso del cd, però, deve competere anche con una offerta di prodotti pirata.