Il mercato della musica italiana è in leggera flessione: nel
2006 si è assestato infatti sui 2,95 miliardi di euro, rispetto ai
3,1 del 2005 (-4,6%). Ma se i dati aggregati sottolineano il calo,
all'interno dei vari settori la situazione è piuttosto
differenziata. Il comparto della discografia tradizionale continua
a perdere terreno (-18,1% rispetto al 2005), pur mantenendo un
valore assoluto ragguardevole di 607 milioni di euro, mentre il
digital delivery (la musica digitale distribuita sui nuovi media)
cresce dell'1,5% arrivando a quota 108,95 milioni. Risultati
positivi anche dal settore strumenti musicali, che guadagna un 4,4%
e sfonda il muro dei 350 milioni di euro.
E' quanto emerge dal Rapporto 2007 Economia della musica in
Italia del Centro Ask (Art, science & knowledge)
dell'Università Bocconi, realizzato con la collaborazione di
Dismamusica (Associazione distribuzione industria strumenti
musicali e artigianato), Fem (Federazioni editori musicali) e Scf
(Società consortile fonografici).
Lo studio traccia una panoramica del mercato musicale italiano,
analizzando le performance dei vari attori e i flussi economici da
essi generati e prendendo in esame, oltre alla discografia
tradizionale e al digital delivery, anche i settori degli
spettacoli dal vivo e del ballo, degli strumenti musicali (oggetto
di un approfondimento nell'ultima parte del Rapporto) e della
formazione musicale.
Sul versante del consumo finale, i dati sulla discografia
tradizionale, per la quale quest'anno è stato possibile presentare
anche il dato del valore del mercato al consumo finale (sell-out),
parlano chiaro: la flessione rispetto al 2005 conferma un trend
negativo che persiste da tempo. Nell'ultimo triennio, il comparto
ha infatti perso circa un quarto del suo valore.
"Il calo delle entrate e la conseguente riduzione di
investimenti e di persone impegnate nello sviluppo delle carriere
artistiche da parte dell'industria musicale", spiega Paolo Corsi,
presidente Fem, "ha creato una separazione evidente tra artisti già
affermati e esordienti. A farne le spese è la classe media, priva
di risorse e di speranza di 'cambio classe', e i giovani per i
quali intraprendere la strada della musica diventa sempre più
difficile. Una fotografia forse impietosa ma corrispondente
all'attuale situazione del mercato che ostacola la ricerca
impedendo la valorizzazione e la crescita di una parte fondamentale
del nostro patrimonio culturale: la musica".
"La tendenza generale", precisa Andrea Ordanini, responsabile
del laboratorio musica e discografia del Cleacc Bocconi e
coordinatore del Rapporto 2007, "è di una progressiva riduzione
degli spazi del prodotto fisico, che mantiene comunque una certa
rilevanza, a vantaggio di quello digitale. Settore digitale in cui
sono i contenuti a maggior valore aggiunto (le canzoni mp3, ad
esempio) a trainare la crescita. Prodotti come le suonerie, invece,
sono ormai un mercato in saturazione".
La musica digitale, che cresce a livello aggregato dell'1,5%,
nasconde infatti differenze tra i vari sub-settori. Prendendo in
esame esclusivamente i contenuti soggetti a diritto d'autore
musicale, e quindi individuando in maniera più precisa quelli
direttamente riconducibili alla musica, il Rapporto fa emergere un
exploit del 116% dell'online music, passata da 3,2 a 6,9 milioni di
euro, a fronte di un leggero calo dei prodotti musicali mobile (da
104,1 a 102 milioni).
Sostanzialmente stabile è invece la categoria degli spettacoli
dal vivo, con una spesa al botteghino, ovvero il solo prezzo del
biglietto, di 310 milioni di euro e un volume d'affari di 421
(comprensivo anche degli ulteriori guadagni, come le
sponsorizzazioni e la pubblicità). Al suo interno, il settore della
musica leggera si rivela nuovamente come il più significativo,
rappresentando infatti il 43% del totale.
Sul fronte del consumo intermedio,si conferma il ruolo delle
radio e delle tv, i cui diritti generano un valore di oltre 152
milioni di euro (tra questi, in netta crescita quelli legati alle
emittenti satellitari, +60%). Crescono i diritti discografici
direttamente gestiti da SCF: la raccolta di diritti derivanti
dall'utilizzo in pubblico di musica registrata ammonta a 32,8
milioni di euro, con un incremento del 20% nel settore broadcasting
e un +45% nell'area dei pubblici esercizi.
"In un contesto di generale difficoltà del comparto
discografico, si mantiene in controtendenza il trend di crescita
dei diritti discografici", commenta Gianluigi Chiodaroli,
presidente di SCF. "Anche l'andamento della prima parte dell'anno
2007 evidenzia l'incremento tanto delle due aree tradizionali (+15%
per broadcasting e pubblici esercizi) quanto dell'area web (oltre
il 50%). Si riconferma così il ruolo centrale delle collecting
societies, quale è SCF, nella valorizzazione della musica e nella
mediazione tra gli interessi degli utilizzatori professionali (tv,
radio, webradio, etc.) e le legittime attese di remunerazione di
produttori ed artisti".
In ripresa è il segmento del ballo, il cui valore della spesa al
botteghino è valutato per il 2006 in 285,7 milioni di euro, con una
crescita del 2,1% rispetto all'anno precedente, mentre la spesa
totale del pubblico per questa categoria si è attestata su 1.168,9
milioni di euro. Da segnalare è però anche il valore significativo
dei diritti generati dalle categorie sonorizzazioni, trasmissioni e
sincronizzazioni, che con circa 300 milioni di euro di volume
testimoniano l'importanza di questo segmento.
Altro settore che fornisce un rilevante contributo al sistema
musica è quello degli strumenti musicali. Il comparto ha superato
nel 2006 i 357 milioni di euro, con una crescita del 4,4% rispetto
al 2005. Il risultato conferma l'andamento positivo del quinquennio
2001-2006, durante il quale il mercato complessivo è cresciuto del
10,63%. Sono invece in calo le esportazioni, che per il 2006 si
sono attestate sui 135 milioni di euro, a fronte di importazioni
per 136 milioni.
"La crescita dei consumi relativa allo strumento musicale per il
terzo anno consecutivo è un segnale incoraggiante per il comparto e
per gli operatori impegnati su molti fronti", sottolinea Antonio
Monzino jr., presidente di Dismamusica. "Il primo fronte è la
promozione della musica anche a livello amatoriale, a partire dalla
scuola, dove il nostro paese sconta un ritardo culturale rispetto
al contesto internazionale; il secondo è relativo al processo di
modernizzazione dei settori della produzione e della distribuzione
di fronte alle sfide del mercato globale; il terzo riguarda la
creazione di un 'sistema musica', che sappia farsi ascoltare
autorevolmente dalle istituzioni".
Nella panoramica dei principali mercati internazionali, l'Italia
si pone infine all'ottavo posto per il mercato discografico, con un
valore aggregato di circa 1/20 rispetto a quello Usa (primo in
classifica), e al nono per quanto riguarda il mercato digitale,
dove peraltro è da registrare l'ottima performance della Corea del
Sud. Il paese asiatico si pone infatti al quarto posto del mercato
digitale dietro Usa, Giappone e Regno Unito.