Solo in Italia, i posti di lavoro persi a causa della
distribuzione illegale di musica ed altri prodotti dell'ingegno,
sono stati 22 mila
AFI, FIMI e PMI, e le maggiori organizzazioni sindacali italiane
del settore,SLC CGIL - SAI Sindacato attori italiano, FISTEL CISL,
UIL - Unione Italiana Lavoratori della comunicazione - hanno
espresso forti preoccupazioni per le risultanze dello studio
La società indipendente TERA Consultants ha annunciato oggi uno
studio economico che mostra il risvolto drammatico della pirateria
digitale sull'economia del lavoro in Europa. Nel 2008, le industrie
creative dell'Unione Europea, cinema, musica, televisione e
software, hanno offerto un contributo pari al 6,9% o a circa 860
miliardi di euro al totale del PIL europeo, con una quota del 6,5%
dell'occupazione totale dell'UE, pari a circa 14 milioni di
lavoratori.
Nel 2008, a causa della pirateria (e principalmente della pirateria
digitale) le industrie creative dell'Unione Europea che hanno
maggiormente subito l'impatto delle attività illecite (cinema,
serie televisive, produzione musicale e software) hanno registrato
perdite pari a 10 miliardi di euro ed un totale di 185.000 posti di
lavoro in meno. Solo in Italia i danni sono stati di 1,4 miliardi
di euro con 22.400 posti di lavoro perduti.
Sulla base delle attuali proiezioni e in assenza di cambiamenti
significativi nella politica del settore,le industrie creative
dell'Unione Europea potrebbero subire entro il 2015 perdite pari a
240 miliardi di euro e 1,2 milioni di posti di lavoro in meno. Lo
studio TERA delinea due scenari sui possibili costi causati, fra
oggi e il 2015, dal fenomeno della pirateria, basandosi in entrambi
i casi sulle previsioni sul traffico Internet di Cisco System ed
ipotizzando che non venga presa alcuna misura per arginare la
pirateria. Nel primo scenario, si ipotizza che la pirateria
digitale cresca proporzionalmente al traffico di condivisione dei
file (file-sharing), offrendo così uno scenario e una stima
conservativa delle perdite. Dal 2008 al 2015, si prevede che il
traffico di condivisione dei file in Europa cresca ad un tasso
annuale di oltre il 18%.
Se le perdite derivanti dalla pirateria digitale dovessero crescere
a questo ritmo, il settore registrerebbe nel 2015 perdite nei
settori di produzione musicale, film, serie TV e software per circa
32 miliardi di euro. In assenza di cambiamenti significativi nelle
politiche governative, e considerata la crescita delle perdite
legate alla pirateria su base annua,si prevede che i posti di
lavori perduti annualmente sia definitiva, con una conseguente
scomparsa incrementale di posti di lavoro nel settore. Di
conseguenza la perdita di posti di lavoro nella UE sarebbe di circa
610 mila unità entro il 2015, rispetto a una perdita di poco più di
185 mila nel 2008. Nel secondo scenario, si ipotizza che la
crescita della pirateria digitale segua invece i trend globali di
traffico IP dei clienti in Europa (ad es., comunicazioni effettuate
via Protocollo Internet). Questo scenario tiene conto sia
dell'attività di streaming online, sia del file-sharing, offrendo
così un'idea dell'impatto massimo della pirateria digitale. Dal
2008 al 2015, si prevede che il traffico dei consumatori IP cresca
ad un tasso superiore al 24%. Qualora la crescita della pirateria
digitale in Europa dovesse allinearsi su questo dato, il settore
registrerebbe nel 2015 perdite nei settori di della produzione
musicale, film, serie TV e software per circa 56 miliardi di euro,
rispetto ai circa 10 miliardi di euro del 2008.
In assenza di cambiamenti significativi nelle politiche
governative, e considerata la crescita delle perdite legate alla
pirateria su base annua, si prevede che i posti di lavori perduti
annualmente divenga definitiva, con una conseguente scomparsa
incrementale di posti di lavoro nel settore. Di conseguenza la
perdita di posti di lavoro nella UE sarebbe di circa un 1,2 milioni
di unità entro il 2015, rispetto a una perdita di poco più di 185
mila nel 2008. Le associazioni degli industriali del settore
musicale aderenti a Confindustria, AFI, FIMI e PMI, e le maggiori
organizzazioni sindacali italiane del settore,SLC CGIL - SAI
Sindacato attori italiano, FISTEL CISL, UIL - Unione Italiana
Lavoratori della comunicazione hanno espresso forte preoccupazione
per le risultanze dello studio che verrà presentato prossimamente
alle istituzioni italiane richiedendo un forte intervento di
contrasto da un fenomeno che rischia di distruggere il settore
creativo.
In allegato lo studio Tera versione italiana