Dai big data nuova linfa all’industria discografica: le nuove strategie nell’era dello streaming

29 marzo 2022

Negli ultimi anni l’industria discografica è stata profondamente trasformata dal digitale e con essa le stesse figure professionali e le skill delle persone coinvolte nelle varie funzioni aziendali si sono modificate.

Uno degli aspetti meno noti, ma molto affascinanti, che riguardano questa evoluzione è rappresentato dall’enorme importanza che hanno assunto i dati nelle strategie aziendali. I cosiddetti “big data” sono diventati centrali per molti settori industriali o dei servizi, ma è molto interessante osservare il ruolo e il peso che questa mole di informazioni ha assunto in un settore creativo come quello musicale.

Anzitutto la transizione digitale ha fondamentalmente cambiato ogni area funzionale a causa dell’introduzione di enormi quantità di informazioni generate in tempo. I vari team delle etichette analizzano sistematicamente migliaia di input globali: fan di Facebook, follower su Twitter, visualizzazioni su YouTube, attività svolte su Instagram, gli short video di TikTok, le query Shazam e perfino le ricerche su Wikipedia, e questo anche prima di analizzare lo tsunami quotidiano degli ascolti dei servizi musicali in tutto il mondo, al fine di sviluppare una strategia agile e multiformato per le nuove pubblicazioni di un artista.

Musica e social: come si estraggono i dati

La musica è un elemento centrale nei servizi social: nove dei primi dieci video di YouTube più visti sono musicali; ciascuno con oltre 2,5 miliardi di visualizzazioni; sette dei primi dieci account Facebook; sei dei primi dieci account Twitter; cinque dei primi dieci account più seguiti su Instagram.

Questi servizi generano un’enorme quantità di informazioni che si affiancano a quelle che giungono dai servizi streaming che rilevano i consumi effettivi di musica. Ma come nascono questi dati, soprattutto quelli essenziali che giungono dalle piattaforme?

Il collaborative filtering di Spotify

Servizi come Spotify hanno elaborato il cosiddetto “collaborative filtering”: oggi la piattaforma ha online oltre 60 milioni di brani e quasi 500 milioni di utilizzatori del servizio. Per identificare i gusti e associarli alle canzoni in modo da predisporre playlist o suggerire brani, il sistema deve scoprire quali gusti musicali degli utenti sono simili: il filtraggio collaborativo applica dunque il principio fondamentale dello scambio indiretto di consigli tra utenti che hanno gusti similari. La piattaforma fonda questo principio sulle riproduzioni dei singoli brani, il salvataggio delle canzoni nelle playlist, il numero di visite alle pagine degli artisti e utilizza questi dati per comparare i gusti degli ascoltatori; quando il sistema intuisce che due fan di musica hanno interessi simili, proporrà al secondo i brani che lui non ha mai ascoltato ma che il primo ha invece ascoltato. Ciò accadrà anche in senso contrario.

Il meccanismo del Natural Processing Language

A questo sistema si affianca anche il NPL (Natural Processing Language), un meccanismo basato sull’elaborazione del linguaggio umano, ma realizzato in maniera automatizzata: nel caso in esame Spotify analizza in maniera continuativa post e articoli che parlano di musica su internet e ricerca parole e aggettivi associati a determinati artisti. Ad ogni traccia, canzone e artista viene attribuito un tag più o meno aderente a quanto emerge dai risultati delle ricerche sul web. L’algoritmo compara artisti e brani sulla base di questi tag, valutando quanto sia probabile che un utente ne apprezzi un altro in base alla similarità tra queste attribuzioni.

Il Raw audio model neuronale

Il terzo strumento utilizzato è il Raw audio model neuronale che costituisce anche il modello più innovativo perché sviluppa un confronto a livello di traccia audio. Questo sistema consente, rispetto agli altri due, di prendere in considerazione canzoni nuove rispetto a brani già conosciuti: la modalità con la quale questi brani vengono identificati si fonda su un complesso meccanismo di machine learning, il convolutional neural network, che somiglia molto ai programmi di riconoscimento facciale - in questo caso saranno analizzati non i pixel di un’immagine ma i frame di una traccia audio.

I benefici di questa immensa mole di dati

Questa ricognizione sul sistema di una delle piattaforme più note è servita per capire poi come questi dati saranno di fondamentale importanza, collegandoli alle informazioni giunte dei servizi di social media per affinare il lavoro delle case discografiche. I team che analizzano i dati li traducono in modelli operativi che diventano gestibili dalle varie aree dell’azienda: dalla ricerca e sviluppo degli artisti (A&R), al marketing e commerciale, alla promozione ecc.

I benefici di questo oceano di dati non si limitano agli artisti nuovi e in via di sviluppo, perché le label discografiche stanno trovando nuova vita anche per le registrazioni di catalogo di artisti in carriera e presentandoli ai fan in un modo che semplicemente non era possibile nell’era pre-digitale. E i fan di musica di oggi scoprono e consumano musica attraverso più canali e piattaforme, molti dei quali, come i social media e i fan club, sono ora regolarmente gestiti dall’etichetta discografica degli artisti e in questo contesto l’utilizzo di informazioni di dettaglio contribuiscono a sostenere le fandom e a coinvolgerle come super promotori dell’artista (superfan).

Le informazioni che giungono dai partner digitali consentono di riconoscere le sovrapposizioni di generi e i modelli di consumo, i device utilizzati, la collocazione geografica, che sarà poi utile per promuovere un tour. Per alcuni artisti si può arrivare a identificare anche l’area suburbana preferita per organizzare un incontro con i fan, oppure per una collaborazione con un brand di moda legato aa una categoria di ascoltatori, o le collaborazioni ideali (featuring) da sviluppare.

Lo skipping rate

Ad esempio, tutti i servizi monitorano quali tracce vengono saltate. Skipping rate elevati faranno sì che i curatori di playlist eliminino un brano da una playlist popolare. Gli esperti del digital nelle etichette devono sapere non solo come portare musica agli influencer che danno forma a queste playlist, ma anche come far crescere e mantenere il coinvolgimento degli ascoltatori. Fare in modo che l’ascoltatore faccia clic sul pulsante “+” per aggiungere un brano ai propri preferiti, noto come tasso di salvataggio, diventa una metrica fondamentale dopo l’aggiunta di una playlist, perché in caso di scarso coinvolgimento il brano verrà eliminato da quella playlist. E in pratica, i brani salvati e le playlist curate dagli utenti rendono facile per i fan riprodurre i loro brani preferiti ancora e ancora, il che significa royalties cruciali per l’artista e l’etichetta. Per un team del marketing digitale in una casa discografica è essenziale comprendere queste metriche.

Oltre allo skipping rate, le etichette discografiche monitorano una gamma sempre più ampia di metriche per ricavare dai dati dei partner ciò che sta accadendo fino al momento con ogni traccia, al fine di determinare la prossima attività di marketing. Questi dati possono includere il dispositivo utilizzato per l’ascolto; esattamente quale query ha chiesto un ascoltatore ad Alexa o a Google Home; esattamente dove in una canzone ascoltatore passerà alla successiva; il numero di stream per sessione di ascolto; da dove ha avuto origine lo stream e se proveniva da una playlist o dalla “raccolta” di un utente; così come l’età, il sesso e la posizione di ciascun ascoltatore.

Da rilevare che questi dati non sono solo utili nelle strategie digitali ma hanno un ruolo molto rilevante anche nel mercato fisico: ad esempio, conoscere sempre meglio i consumatori di vinili ha fatto crescere anche questo segmento e trasformarlo in un fenomeno di massa.

Conclusioni

Questi dati sono cresciuti esponenzialmente negli anni. Se nel 2014 una casa discografica in media ingeriva 3,6 miliardi di righe di dati da partner digitali in tutto il mondo, nel 2017 quel numero era esploso di quasi il 500% a oltre 21 miliardi di righe di dati per triplicare ulteriormente nel 2020. Inoltre, l’aumento delle ore di ascolto di musica, arrivate secondo l’ultima ricerca di IFPI, Engaging with music, a oltre 18,4 ore alla settimana a livello globale (22 nella fascia dai 16-24) sta mettendo a disposizione sempre maggiori dati come mai è stato possibile prima d’ora. Tutto ciò sta offrendo realmente una serie di nuovi tool per promuovere nuove tracce o generi musicali in un modello assolutamente mirato sugli utilizzatori delle piattaforme streaming, i frequentatori dei concerti e più in generale tutti i consumatori di musica.