In una recente intervista con la testata MusicAlly Richard Gooch, CTO di IFPI, la federazione internazionale dell’industria discografica, ha ben descritto l’importanza che oggi ricoprono i dati nel settore musicale con una frase: “se stai ascoltando una radio a Berlino e senti passare una canzone giamaicana, esiste un meccanismo che fa si che il titolare dei diritti in Giamaica venga pagato per quel passaggio, e questo avviene grazie ai metadata”.
L’International Standard Recording Code (ISRC)
Tra i più importanti e distribuiti metadata dell’industria musicale al mondo il primo è sicuramente l’ISRC, ovvero il codice che identifica una registrazione audio e videomusicale a livello internazionale e ne garantisce l’unicità.
L’International Standard Recording Code (ISRC) fu sviluppato dall’industria discografica in collaborazione con il technical committee 46, subcommittee 9 TC 46/SC 9 dell’ente ISO. Lo standard fu codificato come ISO 3901 nel 1986 e venne aggiornato nel 2001. Un codice ISRC identifica una particolare registrazione, non un’opera. Le opere sono invece identificate dal codice ISWC.
Questo codice è un identificatore univoco e permanente che riconosce ciascuna specifica registrazione, indipendente dal supporto su cui si trova (che sia esso CD, file digitale o altro) e identifica una registrazione o un videomusicale esattamente come il codice fiscale identifica una persona fisica.
Come vengono usati i codici ISRC
I codici ISRC sono comunemente utilizzati dalle società di gestione collettiva, tipo SCF, per la corretta attribuzione dei compensi derivanti dallo sfruttamento del repertorio e per identificare i brani messi in commercio da siti di download e streaming.
La codifica dei brani con i codici ISRC consente di:
- identificare automaticamente le registrazioni per il pagamento di royalty;
- adottare uno strumento di identificazione standard nell’industria discografica richiesto dalla maggior parte delle aziende di distribuzione digitale e siti di streaming e vendita di contenuti online.
Il codice, che in Italia viene rilasciato da FIMI, l’agenzia nazionale, non può essere modificato. In caso di vendita o licenza temporanea del catalogo, i codici ISRC restano invariati.
Un codice ISRC è composto da 12 caratteri e diviso in 4 sezioni.
Codice Nazione
I primi due caratteri identificano la nazione di appartenenza del produttore (ad esempio ‘IT’ rappresenta ‘Italia’).
Codice Primo Proprietario
È un codice alfanumerico e identifica il Produttore Proprietario che per primo ha assegnato l’ISRC alla registrazione (questo codice non implica la proprietà definitiva della registrazione o del video).
Codice Anno
I successivi due caratteri identificano l’anno in cui è stato dato un codice ISRC alla registrazione.
Codice Registrazione
Gli ultimi cinque caratteri sono una sequenza numerica assegnata a discrezione del produttore assegnatario. Il modo più semplice per numerare questa sezione è di assegnare alla prima registrazione ‘00001’, alla seconda ‘00002’, e via di seguito.
Il ruolo dei metadata nell’industria discografica
Registrazioni simili di un’opera, senza significative differenze con le precedenti registrazioni, possono avere lo stesso codice identificativo; a discrezione della casa editrice-etichetta.
Negli anni i metadati relativi al riconoscimento dei brani musicali hanno assunto un ruolo sempre più rilevante, dato il trattamento massivo di registrazioni da parte degli utilizzatori. Solo nell’ultimo decennio i volumi di metadata gestiti, ad esempio, da un editore musicale, sono cresciuti del 4500% e la crescita prevista si aggira tra il 20 e il 30 % all’anno da qui al 2030. Le piattaforme streaming hanno caricati nei propri archivi circa 70 milioni di registrazioni e su una piattaforma come Spotify vengano caricate circa sessantamila tracce ogni giorno. Oltre ai milioni di teradata di informazioni che giungono ogni mese ad una casa discografica, milioni di ore di trasmissione di musica vengono comunicate dalle radio e televisioni alle società di gestione collettiva e case discografiche, artisti ed autori richiedono una gestione e rendicontazione sempre più analitica, unico sistema per distribuire i denari agli effettivi titolari evitando quelle “black box” che per molti anni hanno accumulato denaro senza l’identificazione del proprietario.
L’iniziativa “Credit due”
Negli ultimi venti anni sono stati fatti enormi progressi nella gestione dei metadata da parte dell’industria discografica ma ciononostante ancora oggi non tutto il complesso sistema delle informazioni che sono connesse alle registrazioni musicali è allineato. Se da un lato il citato ISRC è ormai ampiamente diffuso, altre informazioni sono in parte mancanti e pertanto non tutta la filiera funziona nello stesso modo.
Di recente, in questo contesto, è stata presentata l’iniziativa “Credit due”, creata dalla Ivors Academy e dalla Music Rights Awareness Foundation con l’obiettivo di standardizzare l’approccio dell’industria musicale globale per garantire che i metadati completi e accurati dei brani siano allegati a tutte le registrazioni fin dal momento della loro creazione.
Lo scopo della campagna di sensibilizzazione e quello di chiedere a tutti coloro che operano nella filiera che, al momento della registrazione di un brano musicale, vengano inseriti in maniera corretta cinque dati:
- i nomi di autori, esecutori, produttori e collaboratori che hanno contribuito alla creazione del brano
- il titolo – e tutti i titoli alternativi
- i codici di ruolo dei creatori (per gli autori, il codice IPI)
- il codice ISWC, che identifica in maniera univoca il brano
- il codice ISRC, che identifica in maniera univoca la registrazione.
L’iniziativa promuove perciò l’utilizzo della tecnologia per monitorare l’utilizzo della traccia, massimizzare le raccolte e pagare rapidamente le royalties.
Il ruolo del consorzio internazionale DDEX
Va ricordato che nel 2006 l’industria ha creato il consorzio internazionale DDEX il cui compito operativo è “sviluppare standard relativi alla creazione e gestione dei metadati, all’identificazione delle entità e alla comunicazione di tali informazioni in relazione ai diritti dei media, agli accordi e ai contenuti per consentire un servizio altamente automatizzato, tempestivo ed economico -ambiente di elaborazione delle transazioni efficace che fornisca il più alto livello possibile di efficienza operativa tra i partecipanti alla catena del valore dei media fisici e digitali e per promuovere, attraverso la creazione di materiale pubblicitario, l’organizzazione di seminari di formazione e simili, la consapevolezza globale e l’attuazione conforme di quelle norme”.
Gli standard DDEX, grazie al costante coordinamento tra più società di gestione collettiva e le imprese discografiche continuano ad essere ampiamente adottati, e presto non sarà più necessario per i partner commerciali gestire più formati proprietari, portando a:
- Time to market più rapido
- Migliore qualità operativa
- Migliore qualità dei dati
- Riduzioni condivise dei costi tra i partner lungo tutta la catena del valore digitale
- Meno duplicazioni di lavoro
- Feed di dati ridotti (in entrata e in uscita)
Possiamo affermare che oggi il successo dell’iniziativa DDEX è confermato proprio dal fatto che di fronte all’utilizzo di oltre 70 milioni di registrazioni, i metadata che operano dietro le quinte consentono di distribuire i dati attraverso una rete globale che porta i denari ai titolari dei diritti. I progressi in corso sono ora indirizzati anche ai mercati emergenti come Africa e Asia, dove, come noto la musica digitale sta avendo un enorme espansione.
L’importanza degli standard globali: l’esempio delle tlc
Non dimentichiamo che altre industrie hanno già beneficiato di tale scambio automatizzato di informazioni. Un esempio è il modo in cui gli operatori di telefonia mobile scambiano informazioni sul roaming. Senza standard globali sarebbe praticamente impossibile utilizzare un telefono cellulare all’estero. La comunicazione se un telefono specifico può essere utilizzato su un operatore estero e se il suo utente ha ancora credito disponibile deve essere veloce, senza interruzioni e senza interazione umana. Ciò può essere ottenuto solo utilizzando gli standard.
Questo è l’obiettivo che nell’era dello streaming si è prefissata l’industria musicale. Come ha affermato Mariano Fiorito, direttore generale di SCF: “Un processo facilitato di interscambio di dati sull’utilizzo dei fonogrammi videomusicali agevola infatti la collecting in fase di rendicontazione e permette un miglioramento dei processi di ripartizione: un obiettivo davvero importante nella delicata fase di ripresa post-pandemica”.
Le misure tech-oriented di raccolta del dato
L’analiticità è d’altronde tema centrale per SCF, che negli ultimi tempi ha fatto degli investimenti importanti introducendo delle misure tech-oriented di raccolta del dato: il cambiamento delle modalità di licenza, che fa seguito all’introduzione della rendicontazione obbligatoria, imposta dalla direttiva europea 2014/26 ha infatti visto ampliarsi in soli 3 anni un iniziale numero di 200 rendicontazioni analitiche annuali a un più cospicuo risultato di 1.300 (dato aggiornato al 2020).
Ciò che rende efficace questa mole di dati è ovviamente anche l’interscambio standardizzato di informazioni tra le diverse società di gestione e un ultimo interessante progetto dell’industria è l’RDx, ovvero un hub di scambio dati che consente a più case discografiche di fornire dati sulle loro registrazioni e diritti a più società di licenze musicali (MLC). Implementato con un sistema cloud based l’RDx restituisce anche alle case discografiche i dettagli della situazione e amministrazione delle loro registrazioni e di eventuali conflitti di reclamo che sorgono tra titolari dei diritti.
Conclusioni
Quello che oggi risulta particolarmente interessante è quando i metadata funzionino indipendentemente dalla tecnologia e dalla piattaforma. La musica può essere ascoltata tramite una webradio, su TikTok, Peloton, Fortnite, o in palestra e le funzionalità qui descritte faranno in modo che i diritti arriveranno al legittimo proprietario.