La musica è sempre più streaming ma esplode la questione value gap: dov’è la sostenibilità?
Gli ultimi dati diffusi da IFPI a livello globale confermano il sorpasso della musica liquida sul mercato fisico. Per la prima volta, grazie in particolare alla spinta dello streaming, la musica digitale supera il 45% dei ricavi del settore che complessivamente si attestano a 6,7 miliardi di dollari contro il 39% del mercato tradizionale. Tutto bene quindi? Come spesso preannunciato, l’innovazione abbracciata dall’industria discografica ha portato finalmente al recupero delle economie perse nell’era post – Napster? Nei giorni scorsi, a Toronto, in Canada, i rappresentanti dell’industria musicale si sono confrontati sullo stato di un settore dove il digitale è ormai “new normal” . L’aspetto più controverso dell’innovazione in corso riguarda la sostenibilità di alcuni modelli di business, in particolare quello sostenuto dalla pubblicità, rispetto alla filiera artistica e produttiva che realizza gli investimenti. Frances Moore, CEO di IFPI è stata molto chiara sul punto: “Dopo venti anni di declino quasi continuo, il 2015 è testimone di un momento storico per la discografia: i ricavi crescono nel mondo, il consumo di musica impazza ovunque e i ricavi digitali per la prima volta diventano protagonisti. Questi riflettono il lavoro di adattamento che il settore musicale ha praticato in un momento di fortissima digitalizzazione permettendogli di riemergere ora più forte e capace. Dovrebbe trattarsi di una notizia molto positiva per i produttori musicali, gli investitori e i consumatori. Eppure ci sono valide ragioni per contenere i festeggiamenti: semplicemente i ricavi, vitali per ogni tipo di investimento sul futuro, non vengono ridistribuiti correttamente ai detentori...
12/05/2016