Musica e capitale umano. Cosa resterà dopo la pandemia?
Nei giorni scorsi ha avuto un grande impatto mediatico la manifestazione dei lavoratori dello spettacolo in piazza Duomo a Milano. Una rappresentanza di un settore che secondo i dati Inps raccoglie oltre 327 mila occupati (dei quali 160 mila solo in Lombardia), due terzi dei quali lavoratori dipendenti e che in media svolgono cento giornate di lavoro all’anno con una media retributiva di 10 mila euro annui. Il settore dello spettacolo è parte di quel grande mondo della cultura che nel nostro Paese produce 59 miliardi di euro, pari al 4% del PIL italiano: con la pandemia l’intero segmento dell’entertainment è stato di fatto messo in ginocchio. Dopo il lockdown totale e la falsa ripartenza estiva a causa delle forti limitazioni di pubblico, la maggior parte dei lavoratori nel settore live è in grave difficoltà o ha perso il lavoro mentre molte imprese dello spettacolo e location per eventi hanno già chiuso i battenti. È difficile pensare che in tempi brevi il settore possa recuperare le proprie economie e quello che preoccupa di più è la potenziale dispersione di un capitale umano unico nel suo genere, data la complessità del mondo dello spettacolo dal vivo e in particolare degli eventi musicali: questi soggetti scontano più di tutti la crisi. Di fatto fermi da fine febbraio, col reddito di ultima istanza per i lavoratori colpiti dall’epidemia come unica indennità per i mesi di marzo, aprile e maggio (ottenuto tra l’altro con difficoltà, dopo una complessa equiparazione alle partite Iva), i mille euro una tantum del Decreto...
19/10/2020

