L’industria musicale e dei media teme ChatGPT: servono norme ad hoc per tutelare il copyright
L’AI si diffonde, ma è allarme copyright nel settore dei media e industria musicale, per il timore dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulla creatività. I principali media, infatti, hanno iniziato a criticare OpenAI e il suo software ChatGPT, affermando che gli sviluppatori dietro il progetto stiano utilizzando i loro articoli per addestrare la piattaforma di intelligenza artificiale senza remunerarli. Lo riporta Bloomberg. “Chiunque voglia utilizzare il lavoro dei giornalisti del Wall Street Journal per addestrare l’intelligenza artificiale dovrebbe richiedere la licenza per i diritti a Dow Jones”, ha dichiaratoJason Conti, il capo dei legali di Dow Jones di News Corp. a Bloomberg News. “Dow Jones non ha un simile accordo con OpenAI”. Conti ha aggiunto: “Prendiamo sul serio l’uso improprio del lavoro dei nostri giornalisti e stiamo verificando questa situazione”. Le preoccupazioni degli editori sono emerse, quando il giornalista computazionale Francesco Marconi ha pubblicato un tweet in cui afferma che l’addestramento di ChatGPT avviene con la produzione editoriale. Quando Marconi ha chiesto al chatbot un elenco di fonti di notizie su cui è stato addestrato, ha ricevuto una risposta che citava venti siti di informazione. Ciò ha fatto scattare l’allarme dell’industria musicale che teme che l’ascesa dell’AI assomigli a quella di Napster, a danno dei titolari dei diritti. Invece sostenere i fiorenti settori creativi attraverso quadri giuridici adeguati dovrebbe essere un pilastro centrale di qualsiasi politica, anche per promuovere gli sviluppi legittimi dell’intelligenza artificiale. AI e copyright: il timore dell’industria discografica Lo scorso gennaio, un gruppo di artisti ha citato in giudizio i generatori di intelligenza artificiale Stability AI,...
23/03/2023

